Facciamo chiarezza

Se pur mossi da sincere motivazioni nel trovare un riconoscimento Nazionale, il fatto di non averlo ancora ottenuto, ha deviato molti nel cercare una sorta di “riconoscimento” regionale abbassando gli standard (ad esempio portando la formazione in Naturopatia a 900 ore contro le 1500 ore minime richieste in Europa).

Motivo per il quale attraverso le pieghe del sistema regionale, in molte Regioni, a partire dal Piemonte, Toscana, Emilia Romagna e Lombardia in questi anni si è cercato di garantire una sorta di dignità a queste discipline attraverso le modalità dell’apprendimento in un ambito non formale o informale.

Dal sito di Regione Lombardia…

“Ambito non formale. Si intende un contesto di acquisizione di competenze che, pur non essendo specificatamente e/o esclusivamente strutturato come contesto di apprendimento (in termini di obiettivi, tempi e supporti), costituisce luogo di esercizio di attività che producono lo sviluppo di competenze; a tale contesto la persona partecipa comunque con la finalità prioritaria di apprendere (non formal learning). Rientrano nella fattispecie delle competenze acquisite in contesti non formali, le acquisizioni realizzate in contesti strutturati, organizzati e finalizzati all’apprendimento ma non formalmente appartenenti al sistema di Istruzione e di IFP.

Ambito informale. Si intende un contesto di acquisizione di competenze non predisposto a tale fine (per esempio, acquisisco competenze facendo volontariato), ma che pure determina nella persona che opera in esso lo sviluppo di competenze.”

I vari passaggi promuovono l’iscrizione a registri di scuole o operatori ed ultimamente (nel caso della Regione Lombardia) all’inserimento di queste figure nei Quadri Regionali Standard Professionali con conseguente attestazione di competenza (titolo non abilitativo per la professione).

Il problema quindi non è risolto.

Il sistema regionale non abilita ad una professione ed il sistema Nazionale non legifera.

Un piccolo aiuto lo ha portato la legge 4/2013 che pone delle basi importanti per il rapporto tra il cliente consumatore ed il libero professionista.

Legge che, in attuazione dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione e nel rispetto dei principi dell’unione europea in materia di concorrenza, ha inteso disciplinare per la prima volta in Italia le cosiddette professioni non organizzate. Detta legge ha, tra le altre cose, stabilito che chiunque svolga una delle professioni di cui sopra debba contraddistinguere la propria attività, in ogni documento e rapporto scritto con il cliente, con l’espresso riferimento, quanto alla disciplina applicabile, agli estremi della legge 4/2013.

La stessa legge ha disciplinato inoltre le modalità di costituzione e di organizzazione delle associazioni professionali a cui i singolo professionisti possono aderire.

Tra i compiti delle associazioni rientrano:

la formazione permanente per i propri iscritti, l‘adozione di un codice di condottala vigilanza sulla condotta professionale degli associati e le eventuali sanzioni disciplinari da erogare ai propri associati per la violazione del medesimo codice (regolamento).

Riassumendo allo stato attuale non esiste nessun obbligo all’iscrizione ad una Associazione Professionale o a farsi rilasciare una Attestazione di Qualifica Professionale con o senza certificazione di Qualità UNI.

L’Associazione Professionale Upoin sceglie la via della totale trasparenza, pertanto si è allineata ai benchmarks Europei per quanto riguarda la formazione e propone aggiornamenti per la formazione continua in modo da garantire una tutela nei confronti dell’utente consumatore.

La nostra scelta quindi non può che basarsi su standard già definiti in Europa nella speranza che un giorno si possa arrivare ad una buona legge Nazionale.